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Prima di arrivare a spiegare il titolo di questo articolo e il rapporto che intercorre tra la medicina e l'intelligenza artificiale sarà necessario esporre, nei modi e nei toni a noi utili, che cos'è l'intelligenza artificiale. Faremo questo attraverso gli strumenti e il linguaggio che a noi sono propri: quelli della scienza semiotica, quelli, cioè, di una scienza umana e sociale.
Il termine “intelligenza artificiale” racchiude al suo interno numerose discipline molte diverse tra di loro, come le scienze matematiche, le scienze statistiche, le scienze dell’informazione, le ingegnerie, le scienze cognitive, le scienze linguistiche, le scienze della comunicazione e le scienze logico-filosofiche, per citarne solo alcune.
Senza dilungarci troppo su questo argomento, possiamo dire che, quando si usa il termine “intelligenza artificiale” ci si dovrebbe riferire alle scienze e alle tecniche che si occupano di progettare e di costruire delle tecnologie che simulano il ragionamento umano.
I sistemi di supporto alle decisioni mediche che costruiamo in SEMIOSICA, per esempio, poiché, in qualche maniera, possono essere associati ai sistemi esperti creati dagli ingegneri della conoscenza (knowledge engineers), fanno anch'essi parte del settore dell'intelligenza artificiale e, pertanto, sebbene, come abbiamo chiarito in un altro articolo, il nostro mestiere sia completamente diverso da quello degli ingegneri della conoscenza, anche noi possiamo dire di occuparci di intelligenza artificiale, in quanto il risultato finale di ciò che produciamo è il medesimo di quello che raggiungono i prodotti costruiti dagli ingegneri della conoscenza, vale a dire degli strumenti che imitano il ragionamento umano.
Ma, generalmente, quando si parla di intelligenza artificiale si intende l’impiego di strumenti che fanno uso, principalmente, degli strumenti della matematica e della statistica, come ad esempio l’apprendimento automatico, la logica sfumata, le reti neurali, gli algoritmi genetici, gli algoritmi generativi o le teorie dei grafi, con lo scopo di elaborare, gestire e riprodurre delle informazioni di tipo digitale, vale a dire dei contenuti di tipo numerico che interagiscono con gli esseri umani attraverso dei piccoli o dei grandi computer.
Questo tipo di intelligenza artificiale ha ormai preso il sopravvento sulle altre nell'immaginario collettivo, e nel proseguo dell'articolo spiegheremo perché questo sia avvenuto. Anzi, cogliamo l'occasione per puntualizzare il fatto che il seguito di questo articolo si riferirà sempre a questo tipo di intelligenza artificiale.
Poiché è basata sulle regole della matematica e della statistica, questo tipo di intelligenza artificiale si avvale degli strumenti di tipo quantitativo che sono tipici delle scienze naturali e delle ingegnerie, vale a dire il calcolo, la misurazione e la probabilità, e questo vuol dire, usando parole estremamente semplici, che il metodo che questo tipo di intelligenza artificiale usa per interagire con gli esseri umani è quello di trasformare le azioni in ingresso che riceve da parte degli umani in numeri, eseguire dei calcoli e restituire i risultati ottenuti in un modo per gli umani comprensibile, sotto forma di testi, immagini o suoni, oppure, se essa è collegata ad una macchina che produce delle azioni fisiche, anche sotto forma di azioni.
Questo tipo di intelligenza artificiale si è dimostrata capace non solo di sostituire gli esseri umani in molti ruoli un tempo inimmaginabili, ma, soprattutto, è stata in grado di spingerli verso dei modelli scientifici, produttivi e sociali che sarebbero stati impensabili fino a pochi anni prima, e i cambiamenti futuri che essa apporterà saranno molti, molti di più.
Sempre più questo tipo di intelligenza artificiale ci dà l’impressione di essere realmente in grado di vedere, di parlare, di scrivere, disegnare e lavorare al posto nostro, addirittura di “imparare” e di “pensare”, quando, in realtà, essa è, molto più prosaicamente, un bellissimo “elettrodomestico”, e più precisamente una macchina che elabora e gestisce dei dati digitali, cioè dei numeri.
Sarà forse per questa ragione che coloro che si occupano di intelligenza artificiale in qualche suo aspetto, alimentano nelle popolazioni dei sentimenti che oscillano dalle sensazioni di inadeguatezza e di pericolo, che le fanno sentire minacciate da un futuro dal quale devono difendersi tramite delle leggi da formulare già oggi, alle sensazioni di sicurezza e di onnipotenza, che le fanno sentire fiduciose in un futuro sul quale, già da oggi, possono fare dei piani e stabilire dei programmi.
Ma, come abbiamo esposto in precedenza, al netto delle suggestioni che essa può suscitare in noi umani, l'intelligenza artificiale non possiede nulla di “intelligente”, quantomeno nel senso che gli esseri umani danno a questo termine, e, soprattutto, al suo interno non ha nulla che possa farla diventare tale in un futuro prossimo o remoto.
Molto più concretamente, possiamo dire che il vero motivo del successo dell'intelligenza artificiale è il medesimo di quello di tutte le rivoluzioni industriali, economiche e sociali che l'umanità ha sperimentato in precedenza e si può sintetizzare in una singola parola: “automazione”.
Per lo scopo che si propone questo articolo, è sufficiente dire che l’automazione di un processo è il procedimento che rende sostenibili i costi economici di un bene o di un servizio il cui costo era, fino a quel momento, insostenibile, e la cui ricaduta sociale sarà quella di rendere accessibile a molte persone un bene o un servizio che prima era accessibile a poche persone o a nessuna.
L'automazione è legata in maniera strettissima e simbiotica ai concetti di tecnologia e di progresso in tutte le loro forme al punto che una delle possibili definizioni che possono essere date della tecnologia è la medesima che può essere utilizzata per definire il progresso: “portare a molti ciò che prima era per pochi o per nessuno”.
E l'automazione è, senza dubbio, il più formidabile degli strumenti con il quale la tecnologia contribuisce al progresso delle società. L'intelligenza artificiale è, pertanto, indissolubilmente legata ai concetti di tecnologia e di progresso nella stessa misura nella quale la tecnologia e il progresso sono legati al concetto di automazione ed essi si muovono in sincronia.
Non è un caso che gli strumenti matematici e statistici di cui l'intelligenza artificiale si avvale sono, in alcuni casi, vecchi di decenni quando non di secoli, e questo avviene in quanto, semplificando moltissimo, le conoscenze scientifiche rimangono per molto tempo inutilizzate nei processi produttivi proprio per un preciso motivo: sono tecnicamente fattibili ma economicamente infattibili, fino a quando non si riesce ad automatizzarle.
L'intelligenza artificiale è questo: automazione. Nulla di meno e nulla di più.
Possiamo perciò concludere questa prima parte del nostro ragionamento dicendo che l’intelligenza artificiale è uno strumento di elaborazione dei dati di tipo matematico e statistico in formato digitale (ciò che noi umani chiamiamo “software”) che attraverso le macchine interagisce con gli esseri umani trasformando le azioni in ingresso che riceve in numeri, eseguendo dei calcoli e restituendo dei risultati in un modo comprensibile e utile per gli umani, sotto forma di testi, immagini, suoni o azioni fisiche, e il suo ruolo più importante è quello di automatizzare dei processi che fino a quel momento erano svolti da esseri umani, i quali affidano ad essa la produzione di beni o di servizi che prima erano impossibili da portare sul mercato, perché sarebbero stati troppo costosi da produrre in termini di tempo richiesto, di competenze necessarie o di rischi incorsi e, di conseguenza, sarebbero stati troppo costosi da acquistare per la maggioranza o per la totalità delle persone.
Abbiamo dunque chiarito il fatto che l'intelligenza artificiale non è altro che un software che elabora dati numerici e che permette di automatizzare i processi produttivi, e abbiamo anche chiarito il fatto che essa può apparire umana ma di umano non ha nulla.
Ma il fatto che non sia umana non significa affatto che essa sia innocua per l'umanità.
Tutt'altro.
Le professioni intellettuali, come ad esempio gli architetti, i commercialisti, i notai e i medici (che sono la ragione di questo articolo), sono svolte ormai esclusivamente tramite computer o strumenti digitali e poichè appartengono quasi tutte a delle corporazioni, vale a dire che ad esse soltanto è consentito l'esercizio di determinate attività che per tutti gli altri sono proibite dalla legge, queste professioni sono andate incontro ad un fenomento che è ben noto a chi si occupa di economia e di sociologia: la rendita di posizione.
Nel corso dei decenni, infatti, queste professioni si sono evolute sempre di meno e questo perché per esse il lavoro era sempre e comunque assicurato dal fatto di avere il controllo assoluto sulla concorrenza e, oggi, la maggioranza di queste professioni di intellettuale non hanno più nulla, in quanto si limitano a svolgere delle attività che sono ripetitive e a basso valore aggiunto e, pertanto, hanno tutte le caratteristiche per essere sostituite dall'automazione portata dall'intelligenza artificiale.
E mentre tutte le rivoluzioni portate dalle automazioni passate avevano avuto sempre e solo un impatto sulle professioni che esercitavano delle attività di tipo manuale, e le hanno spinte ad evolversi, oggi assistiamo, per la prima volta nella storia, ad una rivoluzione che travolge le professioni intellettuali.
In buona sostanza, questa volta, a perdere il lavoro rischiano di essere milioni di persone che esercitano professioni intellettuali, una buona parte delle quali ha vissuto per decenni grazie a dei privilegi che chi esercita delle attività manuali o delle attività imprenditoriali ha perso da almeno un paio di secoli, privilegi che hanno consentito a queste professioni di prosperare senza essere obbligate a progredire, come hanno invece dovuto fare gli altri, e poiché le professioni intellettuali sono anche quelle che formano la cosidetta “classe dirigente” di uno stato, molto più di quanto lo sono le professioni manuali o imprenditoriali, e se a questo si aggiunge anche il fatto che appartengono a delle corporazioni pure tutte le professioni legate in qualche misura alla politica, ai media, alla cultura e all'arte, alle università, ai centri di ricerca e al mondo degli “startupper” e, ovviamente, alla medicina, si può facilmente comprendere il clima di allarme che queste categorie tentano di suscitare nella popolazione, un clima funzionale ad esse per produrre, indisturbati, delle leggi che continuino a perpetrare e a mantenere i loro antichi privilegi.
E tutto questo viene fatto con l'unico scopo di regolamentare, banalmente, un nuovo tipo di automazione. Buffo, vero?
In sintesi, tutto si può ricondurre ad un problema di automazione dei processi produttivi legati al mondo digitale, un problema che, forse per la prima volta nella storia, rivoluzionerà tutti i settori della società ma, questa volta, quelli che rischiano di più "il posto di lavoro" sono le professioni intellettuali che vivono di rendita e che non si sono evoluti.
E la medicina cosa c'entra in tutto questo?
In questo articolo abbiamo seguito la seguente strategia argomentativa: “quando le premesse sono lunghe ed articolate le conclusione saranno sempre brevi ed incisive”.
Poiché buona parte delle professioni sanitarie appartengono alla categoria delle professioni intellettuali e, quindi, appartengono a delle corporazioni, esse hanno seguito lo stesso destino delle professioni intellettuali, quello cioè della rendita di posizione, che è fatto di attività ripetitive e che sono a basso valore aggiunto.
Ciò che si osserva nel caso delle professioni sanitarie rispetto alle altre professioni intellettuali è il fatto che il problema del rischio di essere “sostituiti” dall'intelligenza artificiale si è palesato in anticipo rispetto ad altre professioni intellettuali.
Sono le professioni sanitarie, infatti, ad essere state travolte dal fenomeno del “dottor Google” e dalla sempre più evidente arroganza delle aziende di tecnologia medica, le quali, ormai ogni giorno annunciano la creazione di un software che “diagnostica i tumori al seno meglio dei medici”.
Come mai è avvenuto tutto questo?
Banalmente perché ci sono medici che, per tutto il giorno, non fanno altro che somministrare un paio di domande ai paziente per poi prescrivere ad essi sempre gli stessi due o tre farmaci, oppure, banalmente, ci sono professionisti sanitari che, per tutto il giorno, non fanno altro che osservare delle piccole macchie colorate nel seno delle donne per poi mandarle da qualche collega, o ancora, banalmente, ci sono professionisti sanitari che, per tutto il giorno, si dedicano alle pubbliche relazioni e alla gestione amministrativa.
Tutti compiti ripetititivi e a basso valore aggiunto, perfetti per essere automatizzati e, di conseguenza, perfetti per essere soppiantati dall'intelligenza artificiale.
Ma questo articolo non può chiudersi con un'aria di pessimismo, anche perché sarebbe eccessivamente ingiusto nei confronti dei molti professionisti, di tutte le categorie, che cercano di migliorarsi continuamente, professionisti che sono tutt'altro che banali e che, anzi, fanno la fortuna dei loro clienti e assistiti.
Se non esistesse questo tipo di professionisti non esisteremmo neppure noi di SEMIOSICA.
Per nostra e vostra fortuna, questi professionisti esistono e ad essi l'intelligenza artificiale non deve creare alcun timore.
Ma se, invece, sarà la medicina banale a rischiare un giorno di essere sepolta dall'intelligenza artificiale, allora quel giorno ci troverete lì, con una pala in mano, pronti a scavare, e con in faccia dipinto lo stesso sorriso dell'Ignoto marinaio del ritratto di Antonello da Messina.